Per una scuola di qualità e presidio di democrazia

Giornata tematica PS 15.11.25, Marina Carobbio, consigliera di Stato

Fa stato il testo parlato

 

“Ogni docente, così come ogni allievo, è unico: le differenze sono un valore, che trovano pieno significato quando si accompagnano a un’unità di intenti e di valori”.

Una frase non mia, ma di alcuni docenti e dirigenti scolastici. Già da sola, questa frase racchiude l’insieme delle riflessioni che voglio condividere con voi in qualità di politica, consigliera di Stato, direttrice del DECS .

Oggi, infatti, riflettiamo insieme su un tema centrale: la scuola come luogo di qualità, ma anche come presidio di democrazia.

Due parole che si intrecciano profondamente, perché una scuola di qualità trasmette sì sapere e conoscenza, ma sa anche contribuire a formare coscienze critiche, cittadine e cittadini capaci di partecipare, di comprendere, di costruire insieme una società più giusta.

Per parafrasare Fabio Camponovo, il dibattere di scuola è, prima di tutto, un dibattito di civiltà. In tempi di incertezza, di individualismo e di sfiducia verso le istituzioni, la scuola resta uno dei pochi luoghi in cui si impara a vivere insieme.

Educare alla cittadinanza significa insegnare a pensare criticamente, a dialogare con chi la pensa diversamente, a comprendere che la libertà personale si accompagna sempre alla responsabilità verso gli altri. E significa anche rafforzare la fiducia nelle istituzioni e nella democrazia, contrastando l’indifferenza e il disimpegno.

La scuola come comunità educante è al centro di questa mia visione di una società più giusta. Una comunità fatta di insegnanti, allieve e allievi, famiglie, istituzioni e società civile. Una comunità che non delega, ma partecipa; che non contrappone, ma costruisce insieme. Perché educare non è un atto individuale, ma un impegno collettivo. È da questa idea di comunità che nasce la forza della scuola pubblica che io, assieme a molte altre persone, mi impegno a difendere dagli attacchi di chi vorrebbe una scuola che mette l’accento sulla competizione personale e all’interesse dell’economia.

Scuola pubblica che voglio rafforzare anche per contrastare la crescita delle scuole private: fra pochi giorni pubblicheremo l’edizione 2025 di “Scuola ticinese in cifre”. Mi permetto in questo contesto di anticipare un dato che ci deve far riflettere: l’aumento di allieve e allievi nelle scuole private in Ticino, passati dal 5.7% del 2003/2004 al 7.4% del 2023/2024.

Una quota che continua a rimanere contenuta rispetto a quanto accade in altri Cantoni e in altri Paesi, ma che deve comunque interrogarci sulla centralità che vogliamo assicurare alla scuola pubblica, che peraltro in Ticino dimostra di essere di qualità.

Qualità che deve però continuare ad essere garantita anche in futuro. Partendo ad esempio dal ruolo delle e degli insegnanti, che assume una rilevanza strategica. 

Le docenti e i docenti sono coloro che quotidianamente interagiscono con allieve e allievi, li accompagnano nella loro crescita, contribuiscono in maniera determinante alla loro formazione, sono in grado di far appassionare bambine e bambini, ragazze e ragazzi al sapere, alla conoscenza. Eppure, troppo spesso il loro lavoro non riceve il giusto riconoscimento e il necessario supporto. È fondamentale, dunque, che venga data la massima priorità al sostegno e alla valorizzazione della figura della e del docente, affinché il corpo insegnante possa svolgere al meglio il proprio ruolo e contribuire in modo significativo alla realizzazione di una scuola di qualità, garante di pari opportunità.

Il riconoscimento delle e degli insegnanti significa necessariamente adeguate condizioni di lavoro e sostegno alle attività in classe.

Ad esempio attraverso le codocenze o la presenza di docenti di sostegno ed educatori laddove necessario e che tengono conto delle specificità e delle culture di sede come avremo modo di approfondire oggi. Ma anche mettendo a disposizione, dentro e fuori la scuola, strumenti volti a garantire il benessere delle e degli insegnanti e delle allieve e degli allievi e ad assicurare un buon clima d’istituto, nell’interesse di tutti coloro che la scuola la frequentano o vi lavorano.

È su questi assi che si è articolato parte del mio lavoro politico in questi due anni e mezzo in governo: un lavoro che ho portato avanti con i valori che da sempre mi accompagnano come donna, come socialista e come persona impegnata dapprima nel sociale e nella sanità e ora anche nel settore formativo e culturale.

Non provenendo dal mondo della scuola, il mio primo anno è stato dedicato soprattutto all’ascolto: conoscere il Dipartimento, la scuola ticinese, i suoi servizi, le sue sfide quotidiane. Ho voluto ascoltare chi la scuola la vive ogni giorno — dialogando con docenti, direzioni, professioniste e professionisti dell’educazione attivi negli Uffici e nelle Sezioni del Dipartimento, famiglie, allieve e allievi — per costruire proposte politiche condivise, partecipative e di qualità.

Parallelamente all’ascolto e sulla base anche di quanto emerso nei momenti di scambio, progressivamente, abbiamo portato avanti e avviato numerose azioni concrete, a volte magari poco visibili e che non fanno notizia, ma che permettono di migliorare concretamente il nostro già buon sistema scolastico per chi lo vive tutti i giorni.

Mi permetto di menzionare brevemente alcune di queste misure e rispettivamente alcuni progetti :

  • Promozione dell’accessibilità e dell’inclusione, affinché ogni bambina e bambino, ragazza e ragazzo e, indipendentemente dalle proprie condizioni sociali, economiche o personali, possa trovare il proprio spazio nella scuola ticinese. In questo senso, il nuovo documento del DECS “Inclusione e accessibilità della scuola ticinese” definisce chiaramente che l’inclusione significa rimuovere gli ostacoli alla partecipazione delle allieve e degli allievi con bisogni educativi particolari, linguistici, culturali o sociali. Così come fondamentale è stata la difesa della pedagogia speciale, che grazie a un’importante collaborazione tra il Partito socialista, la scuola, gli enti, la società civile – e lasciatemelo dire – il Dipartimento, ha evitato la scure dei tagli proposta lo scorso anno nell’ambito del preventivo 2025. Si è trattato di un importante riconoscimento del ruolo della scuola, di una scuola che non esclude ma che è garante di pari opportunità.

  • Promozione del benessere delle allieve e degli allievi, con progetti di prevenzione del disagio, contrasto al bullismo, sportelli di ascolto e interventi sulla salute mentale.

  • Difesa di una scuola per tutti, anche per chi non ha un permesso di residenza: una scelta di civiltà che dà concretezza al diritto all’educazione come diritto umano universale. Ecco perché mi batto per il diritto alla formazione di quelle e quei giovani che sono qui in attesa di rinvio o di decisioni giudiziarie sul loro futuro in Svizzera. Così come scelte di civiltà sono la scolarizzazione delle bambine e dei bambini dei centri federali d’asilo, con progetti concreti anche al di fuori del centro di Chiasso (anche costruiti assieme all’associazione Mendrisiotto Regione aperta) o  la formazione proposta all’interno delle carceri  la “Scuola InOltre”. Progetti del Dipartimento di cui si parla poco , ma dei quali sono orgogliosa.

  • Riconoscimento della scuola come luogo di educazione alla cittadinanza, sostenendo e difendendo quanto previsto dalla nostra legge della scuola.

  • Educazione alla parità e prevenzione della violenza di genere, grazie anche al lavoro della Commissione per l’educazione affettiva e sessuale nella scuola (CEAS), che recentemente ha presentato la nuova strategia, e alle campagne di sensibilizzazione nelle scuole. Martedì 11 novembre è iniziata la campagna nazionale – lanciata dalla Consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider – contro la violenza di genere, un fenomeno strutturale, radicato nei linguaggi, negli stereotipi e nei modelli di relazione. Il dipartimento contribuisce con progetti e proposte concrete per educare al rispetto, all’empatia, alla libertà reciproca: questa è la vera risposta duratura alla violenza, che deve avvenire anche nella scuola — il luogo dove si formano le persone. Parlare di questi temi con le ragazze e i ragazzi, fin da giovani, significa formare persone libere e consapevoli, capaci di riconoscere e contrastare la violenza, in ogni sua forma.

  • Miglioramento della transizione dalla scuola obbligatoria al post-obbligo, rafforzando l’orientamento scolastico e professionale, al fine di favorire scelte iniziali più consapevoli e adeguate alle caratteristiche e agli interessi di ogni persona, ampliando l’offerta formativa nell’ambito della formazione professionale, accompagnando in modo mirato chi, per i motivi più disparati, incontra momenti di difficoltà.

  • Rafforzamento della formazione professionale come opportunità, promuovendo un cambiamento culturale, rafforzando l’offerta di posti di tirocinio (che ha portato lo scorso anno a un numero record di contratti di tirocinio).

  • Diritto allo studio indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche: oggi in corso come sperimentazione in tre scuole medie del Cantone per ridurre il ricorso alle lezioni private e rafforzare l’equità educativa, offrendo all’interno della scuola pubblica spazi di rinforzo e accompagnamento allo studio accessibili a tutte e a tutti.

  • Riflessioni e progetti sull’intelligenza artificiale e sull’uso consapevole delle nuove tecnologie in ambito educativo, comprese le direttive sull’utilizzo dei dispositivi elettronici e la costruzione di un patto con le famiglie, così come l’avvio di un rafforzamento di attività all’aperto e fuori delle aule.

  • Creazione dell’Osservatorio docenti per meglio capire le necessità formative e il fabbisogno di docenti, adattando i percorsi di abilitazione e migliorando la trasparenza nelle assunzioni delle e degli insegnanti

  • Partecipazione e dialogo, attraverso gruppi di lavoro e momenti di scambio. Ad esempio per l’attuazione della riforma della maturità liceale; per la co-costruzione di una nuova legge della scuola dell’obbligo (che vede coinvolti docenti, politici, esperti, famiglie e anche una novantina di bambine e bambini che ho incontrato al Palazzo delle Orsoline); Partecipazione e scambio per un ripensamento della scuola dell’infanzia e della presa a carico extrascolastica in modo da conciliare attività educativa e necessità di accudimento, o ancora per il superamento deli livelli A e B (che è oramai nella sua fase di valutazione), con l’obiettivo di diminuire la selezione nella scuola media, compensare le diseguaglianze sociali, per una scuola più giusta dal profilo sociale e culturale

Tutto questo richiede risorse e coraggio politico.

La popolazione ticinese ci chiede di poter vivere dignitosamente, di mettere un freno all’esplosione dei premi cassa malati e all’erosione del reddito disponibile. Noi abbiamo il dovere di implementare la volontà popolare scaturita dalle urne il 28 settembre, quando con forza la maggioranza delle cittadine e dei cittadini ha chiesto di porre fine al crescente e insopportabile peso dei premi cassa malati. Il rispetto della volontà popolare e le misure per diminuire i premi cassa malati non possono però avere come conseguenza il togliere risorse alla scuola, né mettere a rischio conquiste come la riduzione del numero di allieve e allievi per classe, che ha migliorato la qualità dell’insegnamento e il benessere di studenti e docenti.

Anche proposte come quelle lanciate in questi giorni dal presidente cantonale dell’UDC non possono lasciarci indifferenti. Non possiamo permettere che diventino pensiero diffuso: lo Stato non è un’azienda. Non deve fare profitto. Lo Stato è un’istituzione chiamata ad assicurare servizi pubblici di qualità a tutte le cittadine e a tutti i cittadini. Tagliare indiscriminatamente sul personale dell’amministrazione cantonale non significa solo tagliare posti di lavoro. Significa anche ridurre servizi e prestazioni di cui tutte e tutti noi beneficiamo in quanto cittadini a condizioni molto più favorevoli di quelle che incontreremmo se dovessimo acquistare tali servizi privatamente. Tagli su educatrici ed educatori, operatrici e operatori , segretarie e segretari delle scuole, significano meno qualità, equità e ulteriore pressione sulla scuola pubblica.

Ecco perché oggi, a fronte di una concentrazione della ricchezza sempre più iniqua, incomprensibile e ingiustificata, con pochi che hanno molto e molti che hanno poco, invece di colpire famiglie e servizi pubblici, si deve avere la forza e il coraggio di pretendere una politica fiscale più giusta, che chieda un contributo maggiore a chi possiede grandissimi patrimoni, anche attraverso una tassazione più equa della sostanza.

Non è ideologia: è giustizia sociale e responsabilità collettiva. Così come difendere la scuola pubblica è una battaglia per la solidarietà e la coesione sociale.

Voi ora mi chiederete che centra tutto ciò in un discorso introduttivo sulla scuola ticinese. Lasciatemelo dire: per decenni – e continuo tutt’ora anche all’interno del governo- mi sono occupata molto di assicurazioni sociali, di sanità, di redditi e potere d’acquisto. Elementi centrali della nostra politica.  

Sono però anche sempre più convinta che impegnarsi per una scuola di qualità - che accoglie e non esclude -, che investire ancora di più nell’educazione e nelle nuove generazioni, è la via per costruire un mondo migliore. 

Una scuola di qualità e di democrazia è quella che insegna a pensare; che promuove il senso critico, il dialogo, la solidarietà. Che contribuisce a formare cittadine e cittadini attivi e consapevoli.

Ecco dunque che investire nella scuola pubblica è una scelta politica fondamentale. Questa è la mia visione. Una visione di scuola come spazio pubblico essenziale, dove si costruisce ogni giorno il bene comune. In tempi in cui la fiducia nella politica è fragile, la scuola rimane il presidio più concreto e visibile della nostra democrazia.

Il mio impegno va in questa direzione, combattendo le ingiustizie, dentro e fuori la scuola, lavorando per una scuola di qualità, inclusiva, aperta e profondamente democratica. Una scuola che non lasci indietro nessuno, che permetta scelte libere e consapevoli, e che garantisca davvero a tutte e a tutti il diritto allo studio e alla conoscenza. Una scuola che continui a essere luogo di emancipazione, di crescita e di speranza per tutto il nostro Cantone.

Avanti
Avanti

La salute non può essere un lusso - Newsletter