Intervento di Marina Carobbio Guscetti, Festa del Ceneri, 7 giugno 2025

Fa stato il testo parlato

Care compagne e cari compagni,

non è la prima volta che intervengo a questa Festa – e spero che non sia nemmeno l’ultima. Oggi ho accettato con piacere non solo perché è sempre un’occasione importante di scambio, incontri e riflessioni per le socialiste e i socialisti e per tutta l’area di sinistra ticinese, ma anche perché oggi più che mai abbiamo bisogno di parlare di antifascismo.

Tra il 1936 e il 1938 partirono dalla Svizzera 815 volontari antifascisti per lottare contro il colpo di Stato militare che minacciava il governo democratico della Repubblica Spagnola. Ottanta di questi volontari partirono dal Ticino. Circa 170 morirono in combattimento e 375 furono perseguiti penalmente al loro ritorno in patria. Anche 15 dei volontari ticinesi caddero in Spagna, e il loro sacrificio è ricordato da un monumento sul Monte Ceneri, proprio qui dove ci troviamo oggi, inaugurato nel 1978.

Lo stesso luogo dove, il 5 agosto 1900, nacque ufficialmente il Partito Socialista del Canton Ticino, e dove, dal 1928, in giugno, ci si ritrova tra compagne e compagni per ricordare e riflettere sull’importanza della solidarietà e della giustizia sociale – in Ticino, in Svizzera, e nel resto del mondo.

Ma qui, in questo luogo, ci si ritrova anche per ribadire, oggi come allora, che la libertà, la dignità e i diritti umani sono beni inalienabili, e che la democrazia autentica va difesa!

Non pensiamo che il fascismo sia un fenomeno confinato agli anni Trenta o a un solo territorio. Il fascismo è un concetto che resta attuale, anche dopo il periodo tra le due guerre mondiali. Non è un ricordo del passato, ma una minaccia del presente.

Si presenta con volti diversi, con modi nuovi: con il linguaggio dell’odio normalizzato, con il culto del leader forte, con il disprezzo per la complessità e per le istituzioni democratiche.

È un fascismo che attecchisce dove la politica arretra, dove il disagio si fa silenzio e la solitudine diventa rassegnazione.

Le derive autoritarie sono all’ordine del giorno, non solo in paesi lontani, ma anche qui, da noi.

In Svizzera, nelle nostre città e campagne, le destre radicali guadagnano spazio, normalizzano parole d’odio, si appropriano del linguaggio della sicurezza, del merito, dell’identità. Così il fascismo viene sdoganato e rimesso al centro della scena politica.

Ecco perché è fondamentale continuare a battersi per il rispetto dello Stato di diritto, anteponendo il bene comune agli interessi personali.

Ecco perché dobbiamo difendere con forza le istituzioni, per garantire il funzionamento dei processi democratici e la tutela dei diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini.

Solo così possiamo costruire più giustizia ed equità nella nostra comunità.

L’antifascismo, oggi, non è solo la memoria della resistenza contro le dittature del passato. È un impegno attivo e quotidiano contro ogni forma di autoritarismo, razzismo, discriminazione, disuguaglianza e negazione dei diritti. Significa difendere la democrazia reale, la libertà di espressione, la pluralità delle opinioni e la giustizia sociale. Significa contrastare ogni tentativo di riportare il potere lontano dal popolo, di ridurre al silenzio le voci critiche, di criminalizzare la solidarietà o di riscrivere la storia.

Perché no, la democrazia non si difende da sola!

Non basta indignarsi. Serve esserci, organizzarsi, formarsi, denunciare i soprusi e le ingiustizie verso i più deboli. Oggi l’antifascismo si fa con la mobilitazione, l’educazione, la solidarietà concreta.

Lo si fa nei movimenti per la pace e femministi, con la solidarietà internazionale.

Lo si fa nei movimenti locali che, dal basso, cercano di costruire un modo di vivere diverso e partecipativo in tutte le sue componenti.

Ma non possiamo limitarci a resistere: dobbiamo offrire un’alternativa!

Serve costruire un nuovo immaginario: una società della cura, della giustizia e di una democrazia viva. Un antifascismo che non sia solo difesa, ma anche progetto politico.

E in questo percorso è essenziale non perdere il legame con la nostra storia.

Anche dal Ticino, uomini e donne hanno scelto la parte della libertà e della giustizia. Così come i volontari ticinesi che partirono per combattere nella guerra civile spagnola, unendosi alle Brigate Internazionali a fianco della Repubblica contro il franchismo.

Allora la rete di sostegno ticinese aggirò le leggi federali per far partire i volontari, raccogliere fondi, trasmettere idee. Una solidarietà concreta, rischiosa, silenziosa, ma necessaria.

Oggi altre persone coraggiose stanno agendo concretamente per non restare in in un complice silenzio di fronte alle atrocità, alle gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale: si pensi alla costante e illegale occupazione dei territori della Cisgiordania, ma soprattutto a quello che a Gaza si configura come un genocidio.

Penso alle disperate e tenaci denunce della popolazione palestinese.

Penso al coraggio delle operatrici e degli operatori sanitari che ancora operano a Gaza e delle giornaliste e dei giornalisti che rischiano la vita.

Penso a Freedom Flotilla Coalition (FFC), un movimento di solidarietà popolare composto da campagne e iniziative provenienti da diverse parti del mondo, che lavorano insieme per porre fine al blocco israeliano illegale di Gaza. Oggi, con una nave di aiuti umanitari, stanno cercando di rompere il blocco imposto dal governo di Israele.

Penso al lavoro di un gruppo di donne ticinesi che ha organizzato una manifestazione che ha portato circa 5’000 persone in piazza a Bellinzona per Gaza

Penso al lavoro di decine di attiviste e di attivisti che compiono azioni per denunciare i soprusi e i massacri del governo israeliano e che chiedono da tempo al Consiglio federale di intervenire per far rispettare il diritto umanitario e per fermare il genocidio.

E si può e si deve fare!

Ad esempio con le sanzioni, il divieto di importazione di prodotti dalle colonie israeliane e la fine dei commerci di materiale d’armamento con Israele. In questo senso va una mozione inoltrata nelle due Camere da Carlo Sommaruga e Fabian Molina gli scorsi giorni per il gruppo socialista alle Camere federali.

E questa storia continua!

Dalle testimonianze di questo impegno e da chi ha portato avanti la memoria, trasformandola in battaglia civile e pedagogica, dobbiamo imparare. Perché l’antifascismo è una pratica quotidiana, è lavoro culturale, è resistenza politica, è cura della memoria.

Per questo oggi dobbiamo difendere la memoria, proteggere il linguaggio democratico contro la retorica dell’odio e della semplificazione, combattere le disuguaglianze, perché il fascismo prospera dove c’è abbandono sociale, e unire le forze, perché l’antifascismo è responsabilità collettiva, non solo eredità storica.

Compagne e compagni, oggi non ci si chiede solo di ricordare, ma di agire!

L’antifascismo non è una bandiera di partito, è una scelta di parte: quella dell’umanità contro la disumanità, della giustizia contro il privilegio, della speranza contro l’indifferenza.

Grazie.

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Il silenzio che grida giustizia